Paola Riverditi: il motociclismo nel DNA

Paola Riverditi: il motociclismo nel DNA

La madre praticava motociclismo, il padre faceva lo stesso sport prima di specializzarsi nel downhill, e il fratello iniziò a correre in moto quando aveva otto anni. Era come se il destino di questa ragazza fosse già scritto. Cresciuta tra i motori e sui campi gara, Paola Riverditi ebbe la sua prima moto da cross a quattordici anni, ma iniziò a gareggiare solamente a venticinque. In principio, infatti, i genitori non volevano che anche la figlia iniziasse a correre e riuscirono a farla desistere per diversi anni; nondimeno però, quando Paola decise che era tempo di salire in sella, le diedero tutto il loro appoggio e le insegnarono tutto ciò che sapevano.

Dal motorally fino al titolo italiano

Le sue prime gare furono dei motorally, che servirono alla Riverditi per fare pratica prima di scegliere il percorso dell’Enduro. Spieghiamo meglio come funziona questa particolare disciplina: è una gara di regolarità che si corre su prove speciali cronometrate e trasferimenti con tempi limitati. È molto simile ad un rally automobilistico, con la differenza che non si ha il navigatore e che bisogna memorizzare chilometri e chilometri di percorsi pur avendoli visionati solamente a piedi. Le superfici sono mutevoli, come anche le condizioni atmosferiche, e bisogna essere sia piloti che meccanici.

Una donna in moto…
Essere una donna però, non influisce su nessuno di questi aspetti: “Sono sempre stata molto curiosa riguardo al funzionamento della moto, ho sempre voluto capirla. Devo ringraziare il mio meccanico che mi ha insegnato tutto sulla parte tecnica e sulla la manutenzione della moto. Ricordo una gara in particolare: era il 2013 e, partecipando ad una sei giorni in Sardegna, ho grippato a 200 metri dall’arrivo dell’ultima prova del secondo giorno. Ho spinto la moto (nonostante il suo peso) fino al traguardo e, successivamente, essendo in regime di parco chiuso, non potevo essere aiutata. In quell’occasione correvo per la Nazionale e non potevo permettere che la mia gara finisse così. Seguendo i suggerimenti che mi davano i meccanici da dietro le transenne, ho smontato da sola il pistone della moto (era la prima volta che lo facevo) e l’ho lasciata in quelle condizioni fino al giorno dopo. Quella notte non ho quasi dormito, ma la mattina seguente sono riuscita a rimontarlo entro il tempo limite e a portare così a termine la competizione. Da lì ho capito che volevo vincere!”. Gli allenamenti continuarono, le ore di esperienza e di guida si accumularono e grazie anche (e soprattutto) alla sua mental coach Francesca e a suo padre, che, attraverso i suoi metodi di allenamento alternativi, riuscì a far trovare alla figlia quella tenacia e quella grinta che portano al successo, già nel 2017 Paola sfiorò il titolo nazionale, che perse per un solo punto. L’anno dopo, però, si migliorò ancora e fu lei a laurearsi campionessa italiana. Questo trionfo è la conseguenza diretta dell’esperienza di anni nelle competizioni internazionali: “In queste gare cambia tutto. Le avversarie sono più forti, i percorsi sono più difficili, le strade meno battute. Serve più preparazione, si viaggia di più e bisogna diventare molto versatili (anche a livello tecnico). Bisogna, insomma, sapersi adattare. Si corre in Svezia, Finlandia, Romania, Francia ed ogni Paese presenta caratteristiche totalmente differenti. Le prime gare consistevano in otto ore di nausea per me, poi mi sono abituata. Sono esperienze che mi hanno sicuramente arricchita”.

Il miglioramento dello stile di guida grazie alle gare all’estero

Le sfide internazionali hanno ulteriormente accresciuto la formazione di Paola. Grazie agli incontri fatti nel campionato europeo potè migliorare anche il suo stile di guida. Ci racconta: “Si poteva imparare molto dalle proprie avversarie. Ad esempio, Laia Sanz arrivava dal mondo del trial, disciplina in cui aveva vinto la bellezza di dieci titoli iridati e, fin da subito, vinse anche nelle competizioni mondiali di enduro. Ho iniziato così ad inserire anche io quella specialità nella mia preparazione e mi è servito molto, soprattutto per migliorarmi in precisione ed equilibrio. Spesso, infatti, si supera meglio un ostacolo grazie ad una buona tecnica piuttosto che con la forza bruta”. Dopo un così ampio percorso, si può dire che Paola sia un esperta di questo sport, ma dopo dieci anni di gare ha deciso di prendersi un periodo di pausa, pur con la consapevolezza che Husqvarna, la sua casa motociclistica, la riaccoglierebbe a braccia aperte in qualsiasi momento (come ha dichiarato lo stesso marketing manager Nunzio “Lello” Tasca) .
Ora la Riverditi impiega il suo tempo lavorando per l’azienda di famiglia e disegnando e sviluppando linee di underwear per Riday. C’è una cosa però che ci lascia pensare che Paola non abbia ancora chiuso il suo conto con il motociclismo: è il suo sogno nel cassetto, la Dakar.

Gaia Saporiti

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